maria.conversano
2006-05-12 08:36:23 UTC
Posto un articolo di Maurizio Crosetti, noto tifoso juventino (uno dei
pochi veri esistenti). A otto anni di distanza dall'edizione del suo
libro 'La Juve sulla Luna' , che sostanzialmente sposava le stesse
tesi, può dire forte 'Io l'avevo detto'.
Uno dei pochissimi giornalisti sportivi juventini che riescono quasi
sempre a non essere dei sepolcri imbiancati di nero (Guareschi cit.)
Il crollo della triade chiude un'epoca
è la fine del "moggismo"
di MAURIZIO CROSETTI
Il crollo della triade chiude un'epoca<br>è la fine del "moggismo"
Antonio Giraudo e Luciano Moggi
CENT'ANNI di storia e dodici di vittorie, conquistate con i metodi che
si comincia a intuire, distrutti in due settimane. Dopo la vergogna
delle intercettazioni, per la gloriosa Juventus è la fine di un'epoca:
sciolto il consiglio d'amministrazione, addio alla Triade (Moggi,
Giraudo, Bettega), e terrore di precipitare in serie B per frode
sportiva: un'ipotesi molto concreta per la vecchia società degli
Agnelli, finita in mano ai trafficoni ma da ieri, forse, ripulita.
Dopodomani, la Juve potrebbe vincere lo scudetto numero 29, però un
giudice le potrebbe cancellare il numero 28, quello dei telefonini
chiacchieroni.
Il ragazzo che ieri pomeriggio ha trasportato davanti alla sede della
Juve il suo cartello artigianale, con la scritta a pennarello "Giraudo
vattene", quando la brutta storia cominciò andava certamente alle
elementari o forse all'asilo. Così si è perso tanti passaggi
dell'epopea della Triade, però si è goduto il giorno della grande
pulizia, quello che valeva la pena aspettare e che li riscatta tutti.
Si è perso, il ragazzo con la scritta, il momento in cui Moggi e
Giraudo chiesero soldi per portare la squadra al "Trofeo Fortunato", il
loro giocatore morto di leucemia. Si è perso l'arrivo semiclandestino
di Moggi, reduce dalla vicenda delle "hostess" per gli arbitri europei
del Toro. Si è perso l'inquietante trasformazione dei tifosi in
clienti, pessima deriva del calcio dell'affarismo e degli intrallazzi.
Si è perso il ricatto al Comune di Torino per avere un nuovo stadio
("Sennò giochiamo altrove!"), o almeno la ristrutturazione del
vecchio, e metterci dentro un centro commerciale e - ci provarono -
persino un casinò: forse si è ancora in tempo per bloccare tutto. Si
è perso lo striscione contro Romiti ("Romiti, i bei tempi son finiti")
commissionato e fatto appendere in curva per un antico regolamento di
conti.
Lo sbarbatello col cartello avrà invece fatto in tempo a gioire per
gli scudetti in serie, in campo Del Piero e Lippi, Trezeguet e Capello,
al telefono Moggi. Avrà seguito il lungo processo per doping, finito
con una condanna in primo grado e un'assoluzione in appello, però
manca ancora la Cassazione, e non si sarà perso le piazzate in aula
del brillante avvocato Chiappero: al confronto, Taormina è una sobria
toga introversa. Avrà seguito le evoluzioni creative nello scrivere i
bilanci societari, con acrobazie immobiliari e plusvalenze gonfiate
come quadricipiti (Giraudo è indagato per falso).
Non può essersi perso, il giovane tifoso col sacrosanto cartello, lo
stile untuoso e falsamente bonario di Luciano Moggi, la sua pletora di
adulatori e servi, la sua strampalata corte dei miracoli dove c'era
posto per fornai, cuochi, designatori, arbitri, procuratori, tassisti,
giornalisti. Una combriccola casereccia come una trattoria e
globalizzata come una holding, ma ancora peggio di Moggi è il
moggismo: ha permesso e favorito la creazione della Gea, una
mostruosità monopolista, con i figli complici di genitori illustri per
ogni sorta di pressione, ricatto e violenza, che poi è la parola usata
nel capo d'imputazione.
Una grande famiglia? No, per i magistrati un'associazione a delinquere.
Torna in mente quell'antica battuta dell'avvocato Peppino Prisco: "Se
stringo la mano a un milanista, me la lavo. Se la stringo a uno
juventino, poi mi conto le dita".
Magnifico, in queste ore tragiche e ridicole, farsi un giro sul sito
Internet della Juve e leggere una gigantesca pubblicità di carte di
credito, con tanto di slogan: "Un vero juventino ha sempre la vittoria
in tasca". Nessuno più ne dubita. Con la scusa dell'autonomia
economica, Moggi e Giraudo hanno badato benissimo anche alla propria,
mettendosi in saccoccia una quintalata di azioni: l'ex amministratore
delegato sarà liquidato con una decina di milioni di euro, mica male
come premio di consolazione della vergogna, lui che per avere quel
pacchetto azionario aveva sborsato circa 900 mila euro.
Chapeau, anzi no. Moggi, Giraudo, Bettega: tre facce di facilissima
lettura, ma i verbali di quattro Procure lo sono di più. Curioso che
un telefonino, icona della modernità e della volgarità delle parole,
abbia decapitato una creatura che pareva invincibile ma che si era
fatta, per troppa tracotanza e sicurezza, abbastanza fessa, al punto di
dire e chiedere in quella cornetta qualunque cosa. Tutto finito in un
giorno di magnifico sole torinese, limpidissimo, e di aria pulita.
"Sono chiacchiere, un polverone, i moralisti saranno disintegrati"
aveva detto Giraudo qualche giorno fa, perdendo il controllo delle
parole e dei pensieri.
Una volta, all'avvocato Agnelli che non si era mai fatto fotografare
accanto a Moggi, ma che lo utilizzava eccome e con soddisfazione,
chiesero in confidenza perché usasse un simile personaggio. Agnelli
rispose: "Lo stalliere del re deve conoscere tutti i ladri di cavalli".
Peccato che lo stalliere ormai si fosse messo in proprio. Peccato che
quei cavalli, alla fine, fossero asini.
pochi veri esistenti). A otto anni di distanza dall'edizione del suo
libro 'La Juve sulla Luna' , che sostanzialmente sposava le stesse
tesi, può dire forte 'Io l'avevo detto'.
Uno dei pochissimi giornalisti sportivi juventini che riescono quasi
sempre a non essere dei sepolcri imbiancati di nero (Guareschi cit.)
Il crollo della triade chiude un'epoca
è la fine del "moggismo"
di MAURIZIO CROSETTI
Il crollo della triade chiude un'epoca<br>è la fine del "moggismo"
Antonio Giraudo e Luciano Moggi
CENT'ANNI di storia e dodici di vittorie, conquistate con i metodi che
si comincia a intuire, distrutti in due settimane. Dopo la vergogna
delle intercettazioni, per la gloriosa Juventus è la fine di un'epoca:
sciolto il consiglio d'amministrazione, addio alla Triade (Moggi,
Giraudo, Bettega), e terrore di precipitare in serie B per frode
sportiva: un'ipotesi molto concreta per la vecchia società degli
Agnelli, finita in mano ai trafficoni ma da ieri, forse, ripulita.
Dopodomani, la Juve potrebbe vincere lo scudetto numero 29, però un
giudice le potrebbe cancellare il numero 28, quello dei telefonini
chiacchieroni.
Il ragazzo che ieri pomeriggio ha trasportato davanti alla sede della
Juve il suo cartello artigianale, con la scritta a pennarello "Giraudo
vattene", quando la brutta storia cominciò andava certamente alle
elementari o forse all'asilo. Così si è perso tanti passaggi
dell'epopea della Triade, però si è goduto il giorno della grande
pulizia, quello che valeva la pena aspettare e che li riscatta tutti.
Si è perso, il ragazzo con la scritta, il momento in cui Moggi e
Giraudo chiesero soldi per portare la squadra al "Trofeo Fortunato", il
loro giocatore morto di leucemia. Si è perso l'arrivo semiclandestino
di Moggi, reduce dalla vicenda delle "hostess" per gli arbitri europei
del Toro. Si è perso l'inquietante trasformazione dei tifosi in
clienti, pessima deriva del calcio dell'affarismo e degli intrallazzi.
Si è perso il ricatto al Comune di Torino per avere un nuovo stadio
("Sennò giochiamo altrove!"), o almeno la ristrutturazione del
vecchio, e metterci dentro un centro commerciale e - ci provarono -
persino un casinò: forse si è ancora in tempo per bloccare tutto. Si
è perso lo striscione contro Romiti ("Romiti, i bei tempi son finiti")
commissionato e fatto appendere in curva per un antico regolamento di
conti.
Lo sbarbatello col cartello avrà invece fatto in tempo a gioire per
gli scudetti in serie, in campo Del Piero e Lippi, Trezeguet e Capello,
al telefono Moggi. Avrà seguito il lungo processo per doping, finito
con una condanna in primo grado e un'assoluzione in appello, però
manca ancora la Cassazione, e non si sarà perso le piazzate in aula
del brillante avvocato Chiappero: al confronto, Taormina è una sobria
toga introversa. Avrà seguito le evoluzioni creative nello scrivere i
bilanci societari, con acrobazie immobiliari e plusvalenze gonfiate
come quadricipiti (Giraudo è indagato per falso).
Non può essersi perso, il giovane tifoso col sacrosanto cartello, lo
stile untuoso e falsamente bonario di Luciano Moggi, la sua pletora di
adulatori e servi, la sua strampalata corte dei miracoli dove c'era
posto per fornai, cuochi, designatori, arbitri, procuratori, tassisti,
giornalisti. Una combriccola casereccia come una trattoria e
globalizzata come una holding, ma ancora peggio di Moggi è il
moggismo: ha permesso e favorito la creazione della Gea, una
mostruosità monopolista, con i figli complici di genitori illustri per
ogni sorta di pressione, ricatto e violenza, che poi è la parola usata
nel capo d'imputazione.
Una grande famiglia? No, per i magistrati un'associazione a delinquere.
Torna in mente quell'antica battuta dell'avvocato Peppino Prisco: "Se
stringo la mano a un milanista, me la lavo. Se la stringo a uno
juventino, poi mi conto le dita".
Magnifico, in queste ore tragiche e ridicole, farsi un giro sul sito
Internet della Juve e leggere una gigantesca pubblicità di carte di
credito, con tanto di slogan: "Un vero juventino ha sempre la vittoria
in tasca". Nessuno più ne dubita. Con la scusa dell'autonomia
economica, Moggi e Giraudo hanno badato benissimo anche alla propria,
mettendosi in saccoccia una quintalata di azioni: l'ex amministratore
delegato sarà liquidato con una decina di milioni di euro, mica male
come premio di consolazione della vergogna, lui che per avere quel
pacchetto azionario aveva sborsato circa 900 mila euro.
Chapeau, anzi no. Moggi, Giraudo, Bettega: tre facce di facilissima
lettura, ma i verbali di quattro Procure lo sono di più. Curioso che
un telefonino, icona della modernità e della volgarità delle parole,
abbia decapitato una creatura che pareva invincibile ma che si era
fatta, per troppa tracotanza e sicurezza, abbastanza fessa, al punto di
dire e chiedere in quella cornetta qualunque cosa. Tutto finito in un
giorno di magnifico sole torinese, limpidissimo, e di aria pulita.
"Sono chiacchiere, un polverone, i moralisti saranno disintegrati"
aveva detto Giraudo qualche giorno fa, perdendo il controllo delle
parole e dei pensieri.
Una volta, all'avvocato Agnelli che non si era mai fatto fotografare
accanto a Moggi, ma che lo utilizzava eccome e con soddisfazione,
chiesero in confidenza perché usasse un simile personaggio. Agnelli
rispose: "Lo stalliere del re deve conoscere tutti i ladri di cavalli".
Peccato che lo stalliere ormai si fosse messo in proprio. Peccato che
quei cavalli, alla fine, fossero asini.